Ariano Irpino, tragedia in carcere: detenuto si toglie la vita

Prima la folle scelta di aggredire cinque poliziotti penitenziari dopo una giornata in cui si era reso protagonista di atti di violenza contro persone e cose; poi, quella di togliersi la vita nel carcere, dopo avere danneggiato la porta della cella ed impedire i soccorsi. E’ avvenuto nel carcere di Ariano Irpino.

“A nulla sono valsi di tentativi di salvarlo da parte del Personale di Polizia e di quello sanitario”, informano Tiziana Guacci e Marcello Bosco, rispettivamente segretari regionale e locale generale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria. “Il detenuto è italiano, è lo stesso che il giorno prima si era barricato in stanza e aggredito 5 colleghi. Ieri ha dato nuovamente in escandescenza tutta la giornata, sbattendo continuamente e rompendo tutti le suppellettili della stanza e danneggiando la serratura. Alla sera, verso le 20:40, con l’elastico degli slip si è tolto la vita appendendosi alla finestra. I poliziotti hanno cercato in tutti i modi di salvarlo, ma hanno avuto difficoltà nell’aprire la cella a causa del danneggiamento della serratura. La cella è poi stata aperta con l’aiuto di un altro detenuto. Dopo ciò è intervenuto il medico di turno per i primi soccorsi e il 118 che ne ha constatato il decesso. Siamo costernati ed affranti: un detenuto che si toglie la vita in carcere è una sconfitta per lo Stato e per tutti noi che lavoriamo in prima linea”.

Per il Segretario Generale Donato Copece, si rendono sempre più necessari gli invocati interventi urgenti suggeriti dal SAPPE per fronteggiare la costante situazione di tensione che si vive nelle carceri italiane: ““Si potrebbe ipotizzare un nuovo sistema penitenziario articolato su tre livelli”: “il primo, per i reati meno gravi con una pena detentiva non superiore ai 3 anni, caratterizzato da pene alternative al carcere, quale è l’istituto della “messa alla prova”; il secondo livello è quello che riguarda le pene detentive superiori ai 3 anni, che inevitabilmente dovranno essere espiate in carcere, ma in istituti molto meno affollati per lo sgravio conseguente all’operatività del primo livello e per una notevole riduzione dell’utilizzo della custodia cautelare. Il terzo livello, infine, è quello della massima sicurezza, in cui il contenimento in carcere è l’obiettivo prioritario”, conclude il leader del SAPPE. “Nell’ambito delle prospettive future occorre dunque che lo Stato, pur mantenendo la rilevanza penale, indichi le condotte per le quali non è necessario il carcere, ipotizzando sanzioni diverse, ridisegnando in un certo senso l’intero sistema, anche perché il sovraffollamento impedisce di fatto la separazione dei detenuti. E la Polizia penitenziaria, che riteniamo debba connotarsi sempre più come Polizia dell’esecuzione penale oltreché di prevenzione e di sicurezza per i compiti istituzionali ad essa affidati dall’ordinamento, è sicuramente quella propriamente deputata al controllo dei soggetti ammessi alle misure alternative”.

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