Avellino e le sue strutture abbandonate…istruzioni per l’uso
Visto che siamo in piena campagna elettorale prendo spunto per riferire la mia opinione su un dibattito che, a quanto pare, sta a cuore a tutti i candidati alla carica di sindaco della città: il ripristino delle cosiddette strutture urbane abbandonate o non utilizzate in pieno.
Non si puo’non notare che, in questo caso, la retorica scorra a fiumi mentre pochi, o nessuno, si soffermano sul punto essenziale, ovvero, che se non si prevede quali siano i flussi di bilancio occorrendi, ogni progetto rischia di restare sulla carta.
Nel fare una disamina dei cespiti in disuso ne individuo due principali categorie:
quelli di potenziale utilizzo commerciale e quelli di natura culturale.
Prescindo, volutamente, dall’argomento “ex mercatone” in quanto troppo complesso per essere trattato in questa sede in poche battute.
Mi vengono, alla mente, invece, le strutture commerciali in disuso quali quella presente nel “parco Kennedy”, piuttosto che quelle destinate ai servizi di supporto del “parco Manganelli”, meglio conosciuto come “parco Santo Spirito”.
Orbene, a mio avviso, non basta espletare bandi di gara a costi ribassati per l’assegnazioni delle sedi commerciali, ma occorrerebbe sensibilizzare la creazione di nuove forme di imprenditoria attraverso un percorso guidato dell’Amministrazione comunale affinché le aziende interessate siano messe in condizione di usufruire di forme di finanziamento agevolato con strumenti già esistenti, quali, ad esempio, il fondo di garanzia mediocredito per le imprese virtuose e per le “start up”.
A questo andrebbe aggiunta la possibilità di verificare forme di incentivazione fiscale legate alla riduzione dell’aliquota Tares per le aziende che gestiscono beni pubblici.
Si potrebbe, addirittura, ipotizzare una sorta di retrocessione di “royalties” nei confronti del Comune, detratta sul volume d’affari a titolo di compensazione sulla concessione.
Ciò metterebbe l’impresa con le spalle al sicuro in quanto il costo della gestione, invece di essere fisso, sarebbe sempre commisurato alla propria capacità produttiva.
Diversa, invece, e’ la questione della gestione dei cespiti di natura storico-culturale.
Qui, a mio avviso, occorrerebbe costituire o una associazione culturale a capitale misto, pubblico/privato, o una fondazione che riunisca tutti i poli di attrazione esistenti.
Immaginate, ad esempio, di poter costituire un unico Polo museale riunendo il Museo civico di Corso Europa a quello esistente nell’ex Carcere borbonico, spostando il tutto proprio in quest’ultima bellissima sede.
Sarebbe in questo modo possibile delocalizzare gli eventi di mostre temporanee nelle sedi più idonee, ovvero, la Casina del Principe, Villa Amendola ed il Victor Hugo, attualmente utilizzate” part time”.
Il progetto, ovviamente, prevederebbe la riapertura al pubblico dei Cunicoli longobardi di Corso Umberto I° e la fruibilità futura del Castello dinanzi al teatro Gesualdo, oltre che degli ipogei presenti nella zona del Duomo.
A questo punto, per ovviare ai costi di gestione delle strutture, sarebbe indispensabile ideare una sorta di “pacchetto” a percorso tematico da promuovere attraverso l’Ente Provinciale del Turismo, facendo leva sugli strumenti politico-finanziari esistenti presso la Regione Campania.
Immagino, infatti, la possibilità di usufruire di promozioni legate alla stagione teatrale del Gesualdo che, notoriamente, ha un respiro quanto meno regionale, creando pacchetti abbonamenti che, per una piccola differenza di prezzo, prevedano anche percorsi turistici legati all’utilizzo delle strutture menzionate.
Altra occasione, storicamente favorevole per l’afflusso di visitatori, e’ quella del ferragosto avellinese, durante il quale potrebbero essere vendute delle “card” che prevedano, ad esempio, oltre l’ingresso e la fruizione dei servizi di visite guidate, anche convenzioni e sconti con ristoranti locali al fine di promuovere la cultura enogastronomica del territorio irpino.
Insomma, caro futuro Sindaco, rammenti che la cultura oggi e’ un buon volano per l’economia, pertanto cerchiamo di sfruttare quelle eccellenze che abbiamo sul territorio.
Alfredo Granata