Il Turismo in Irpinia: una risorsa enorme che non si può non utilizzare

 

Perché non si riesce a vendere turismo ad Avellino e Provincia, o se ne vende meno di quanto sarebbe possibile considerando le meraviglie dell’Irpinia? Questa domanda è la medesima da decenni, soprattutto perché le gite domenicali sono annoverabili più tra le escursioni che non tra i flussi turistici veri e propri. Eppure il turismo è un settore trainante, insieme all’artigianato, per molte economie Europee, certamente dotate di meno materia prima non solo dell’Irpinia, ma di tutta la cosiddetta Campania Interna. Ma il settore non riesce a decollare, non è strutturato, l’Irpinia è praticamente sconosciuta non dico negli Stati Uniti o in Germania, ma addirittura all’interno della stessa regione Campania. Chiaro quindi che le problematiche siano diverse, e soprattutto da analizzare, finalmente, con onestà intellettuale e senza auto-giustificarsi mediante scuse di comodo che non portano più da nessuna parte. Premetto che la mia esperienza nasce da un mix di razionalità ed affetto: svariate esperienze all’Estero e un amore smisurato per questa Terra magnifica, in cui ho vissuto da ragazzo, purtroppo solo per alcuni anni. Dicevo dei motivi del mancato decollo turistico; cercare di individuarli significa potervi porre finalmente rimedio. Se la materia prima turistica rappresenta paradossalmente l’unico problema che l’Irpinia non ha, l’elenco delle problematiche, individuate attraverso i normali canoni del Marketing internazionale, è lungo, purtroppo: mancanza di organizzazione; carenza di interscambio collaborativo tra le varie organizzazioni preposte allo sviluppo del turismo; una certa concezione localistica che non ama immedesimarsi nei bisogni e nella mentalità dei potenziali, e quasi sempre del tutto sconosciuti, fruitori turistici nazionali ed internazionali; la quasi cronica incapacità di sapersi proporre con un’offerta vagliata, ponderata e strutturata restando ancora ancorati ad una concezione di trenta o quaranta anni fa, quando la gente veniva da noi senza bisogno di essere sollecitata o attirata, come invece accade oggi quando si parla di normale competizione commerciale. L’importante, infatti, è sapere cosa si offre, a chi lo si offre e come lo si offre. E questo basilare lavoro di base, (il bisticcio di parole è voluto), non viene fatto mai; anzi, non è mai stato fatto in modo organico, in modo da essere tradotto in offerta turistica, anche per mancanza di adeguate strutture di supporto, quando per adeguate intendo dotate di opportuno e qualificato materiale umano formato alla conoscenza delle mentalità dei potenziali clienti di riferimento ed alla reale conoscenza delle lingue straniere scritte e parlate. Spesso dalle nostre parti si è portati a rispondere solo alla prima domanda, mediante una elencazione di siti tanto puntigliosa quanto assolutamente impossibile da utilizzare per mancanza di fattibilità concreta sul territorio. Si consideri che esistono varie tipologie di offerta turistica: a parte l’attrazione che si vende da sola, come ad esempio il Santuario di MonteVergine, per intenderci, vi è poi un bisogno turistico indotto, o meglio creato ad arte. Nella nostra provincia non c’è neanche bisogno di tutto ciò: vi assicuro che ci sono già talmente tante attrazioni da far restare a bocca aperta; l’importante è saper vendere il tutto facendolo finalmente conoscere in modo organico e soprattutto funzionale allo scopo che ci interessa: vendere turismo. La Provincia di Avellino ha bisogno di fare turismo e di farlo in fretta. Ha soprattutto bisogno di dimostrare a se stessa di essere in grado di attirare persone, di sapersi vendere, di poter acquistare fiducia da parte degli operatori, grazie ad un punto di forza incomparabile: costo basso e offerta notevole.

Fabio Garuti

 

 

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