Avellino, XL Laceno d’Oro: questa sera si premia Valerio De Paolis, fondatore della BIM, una delle più prestigiose società di distribuzione d’Italia
Questa sera, alle ore 20:30, il Laceno d’Oro, Festival internazionale del cinema premia Valerio De Paolis, fondatore della BIM nel 1983, una delle più prestigiose società di distribuzione d’Italia.
In oltre 30 anni, la BIM ha distribuito film di registi importanti tra i quali quali Robert Altman, Mike Leigh, Ken Loach, Eric Rohmer, Takeshi Kitano, Ang Lee, Stephen Frears, James Ivory, Pedro Almodóvar, Costa Gavras, Claude Chabrol, Wim Wenders, David Hare, Chen Kaige, Mohsen Makhmalbaf e Zhang Yimou.
Una filosofia, quella della Bim, che ha posto sempre l’accento su un cinema di pensiero, divulgativo, capace di affrontare temi sociali e parlare della realtà che ci circonda. Un cinema, come affermato a più riprese dallo stesso De Paolis, «spesso non facile ma anche l’unico che valga la pena di fare».
Per questo, il Laceno d’Oro 2015 ha pensato di premiare Valerio De Paolis con la seguente motivazione: «Il suo preziosissimo lavoro di ricerca e divulgazione ha formato nel tempo il gusto e la geografia autoriale degli spettatori italiani del cinema più attento. Una passione e una missione che si arricchiscono di nuove avventure nel presente, come il sostegno importante ad uno sguardo cruciale della contemporaneità, quello di Jafar Panahi».
Attività di produttore e distributore, quella di De Paolis, che si è arricchita di nuova linfa con la distribuzione di Taxi Teheran del cineasta iraniano Jafar Panahi, pellicola vincitrice dell’ultimo festival del cinema di Berlino (che verrà proiettata al Movieplex subito dopo la premiazione alle 20:30) e che ha segnato, lo scorso 27 agosto, il debutto della neonata società «Cinema srl» fondata dall’ex patron della BIM.
Con la «Cinema srl», Valerio De Paolis, che ha fatto conoscere in Italia attraverso la BIM il cinema internazionale più premiato e di successo nel mondo, riparte con una nuova avventura che da qui a Natale porterà sui grandi schermi alcuni titoli come i documentari su Ingrid Bergman di Stig Bjorkman e Orson Welles di Chuck Workman (nel centenario della nascita) e i film di fiction «An» di Naomi Kawase, pellicola che ha aperto la sezione «Un Certain Regard» e «Much Loved» di Nabil Ayouch, pellicola inserita nella «Quinzaine» all’ultimo festival di Cannes e censurato dalle autorità marocchine.
Le attività didattiche del Laceno d’Oro entrano nel vivo e domani, 21 settembre, alle ore 16:00, presso il Cinema Panopticon del Carcere Borbonico di via Dalmazia partirà la quattro giorni dedicata all’animazione per bambini tenuta dal Maestro Vincenzo Gioanola.
«Disegni e graffi animati» è uno speciale workshop pensato per i bambini e dedicato al cinema d’animazione.
Un laboratorio pomeridiano di quattro giorni, dal 21 al 24 settembre, con il maestro Vincenzo Gioanola, che li renderà protagonisti di un piccolo film realizzato interamente da loro stessi, disegnando e colorando sulla pellicola 35mm, che sarà proiettato nella giornata conclusiva del Festival internazionale del Cinema “Laceno d’Oro” in programma l 30 settembre.
Partirà, invece, martedì 22 settembre, nei locali della Casina del Principe di corso Umberto I ad Avellino, l’altro attesissimo workshop a cura del regista piemontese e amico del Laceno d’Oro Daniele Gaglianone.
«Realizzare un documentario», questo il titolo del workshop, sarà un vero e proprio corso aperto a giovani allievi selezionati che saranno formati nella realizzazione di un documentario proprio da uno dei documentaristi più importanti del panorama cinematografico italiano, nonché docente presso l’Università di Torino e l’AIACE.
Il costo per i quattro giorni di workshop con Gaglianone è di 50euro. Gli orari delle lezioni si divideranno in due momenti dalle 10 alle 13 e dalle 15 alle 18
IL PROGRAMMA DI LUNEDI 21 SETTEMBRE
– ore 17:00 Carcere borbonico – Inaugurazione della mostra antologica di disegni ed illustrazioni di Simone Massi e di Julia Gromskaya.
Un’esposizione di 20 fotogrammi originali del maestro Massi e 19 tra disegni originali e illustrazioni dell’artista Gromskaya
– ore 18:00 Carcere borbonico – Personale del film di Simone Massi e Julia Gromskaya
– ore 19:00 Carcere borbonico – Proiezione del mediometraggio «Io tengo la posizione» di Filippo Biagianti per la sezione «Sguardi animati»
– ore 20:30 Movieplex di Mercogliano – Premiazione di Valerio De Paolis e a seguire, proiezione del film «Taxi Teheran» di Jafar Panahi
– ore 22:30 Movieplex di Mercogliano – Proiezione de «Il sale della terra» di Wim Wenders
SCHEDA FILM: TAXI TEHERAN – Orso d’Oro Festival di Berlino 2015
La domanda su dove si trova oggi il cinema accoglie negli ultimi film “clandestini” di Jafar Panahi una delle riflessioni più alte e necessarie del pensiero contemporaneo. La risposta di questo suo nuovo lavoro, Orso d’Oro a Berlino 2015, sembra essere: “sul cruscotto della tua macchina”. Lo sguardo è quello dello stesso Panahi, oramai unico protagonista possibile delle sue opere “rinchiuse”, che si improvvisa tassista per le strade di Teheran: una mattinata passata a raccogliere passeggeri, amici, parenti, tutto ripreso con una piccola videocamera attaccata al cruscotto del mezzo. Le storie vengono da sé, e sembrano ancora una volta prediligere la via della metafora, della dichiarazione d’intenti, dell’autobiografia dolente nascosta dal cipiglio situazionista come nel precedente, meraviglioso Closed Curtain. Si va dall’uomo incidentato che vuole fare testamento e lo affida all’obiettivo di uno smartphone che riprende le sue ultime volontà, alla piccola nipote di Jafar a cui a scuola insegnano come realizzare film “distribuibili” secondo le direttive di regime; dalla vicenda di due anziane donne con i loro pesci rossi sacri, ad una ricorrente presenza di simpatici “pirati” intenti nella vendita di dvd e cd contraffatti. E’ chiaro come per Panahi sia ancora una volta, come almeno da Ceci n’est pas un film, in ballo la possibilità stessa di salvare l’espressione e la capacità di essere visto e condiviso propria del cinema: gli espedienti ogni volta diversi con i quali il cineasta aggira la sua condizione attuale di autore “intrappolato” assumono allora la statura della rivincita di una dimensione produttiva grande quanto una memory card e uno smarphone, e va da sé davvero l’imprescindibilità di una lezione avanguardista sulla pratica del set inventato, scovato, sul movimento continuo come unica salvezza, anche apparente.
SCHEDA FILM: IL SALE DELLA TERRA
La fotografia di Sebastiao Salgado ha percorso i continenti sulle tracce di un’umanità in piena mutazione. Ha testimoniato i maggiori avvenimenti che hanno segnato la nostra storia recente: conflitti internazionali, la fame, gli esodi. Si è spinto alla ricerca di territori vergini, paesaggi immensi, e raccontato, come un pittore della luce, la fauna e la flora selvaggia, all’interno di un mastodontico progetto, omaggio alla bellezza del pianeta. Il suo lavoro e la sua vita è arrivata a noi grazie anche alle riprese del figlio Juliano, che l’ha accompagnato nelle ultime spedizioni, e a Wim Wenders, fotografo ancor prima che regista cinematografico. Wenders praticamente non sbaglia un colpo da documentarista, ancora una volta trova la chiave giusta per raccontare, attraverso una sorta di “camera oscura” la storia degli ultimi quarant’anni, attraverso un approccio filologico e cronologico, assemblando foto e riprese di repertorio del grande fotografo. Il suo progetto internazionale “Instituto Terra” si propone di ripopolare ettari di terra dell’Amazzonia disboscati e il documentario di Wenders si fa promotore anche di questa nuova avventura. Una sorta di grande antropologia planetaria, un grido di allarme, un tributo visivo. L’umanesimo di Salgado trova un’alleanza sincera nello sguardo di Wenders, autore sempre in viaggio con la sua valenza metaforica ed esistenziale. Itinerari geografici e temporali che offrono il pretesto per riflessioni di carattere universale sull’umanità e la civiltà moderna. Quelle di Salgado non sono foto di denuncia, non c’è una critica esplicita alla follia dell’uomo che uccide il pianeta che lo nutre e su cui vive. Sono immagini emozionanti della parte integra, ecologicamente pura, della Terra, che è ancora tanta e va protetta. “Il mio approccio non è da antropologo, geologo o giornalista – spiega Salgado – ma è quello di mostrare qualcosa la cui visione mi ha toccato nell’intimo. La scoperta più forte, è stata trovare tribù indigene totalmente incontaminate e comprendere che hanno già tutto l’essenziale, un’idea di società, di solidarietà, di amore, perfino medicine come gli antibiotici e antidolorifici”.