Avellino, Laceno d’Oro: successo per mostre, proiezioni e workshop
Un Festival internazionale del cinema a tutto tondo: il Laceno d’oro, che terminerà il prossimo 30 settembre, continua con successo. Non solo per le proiezioni, ma anche per le mostre e i workshop. Due quelli che si stanno svolgendo.
Alla Casina del Principe di Avellino il regista Daniele Gaglianone sta tenendo quello dedicato alla realizzazione di un documentario, mentre al Carcere Borbonico il maestro Vincenzo Gioanola sta svelando ai bambini tutti i segreti relativi al cinema di animazione. Ma non solo : venerdì ad Ariano, presso il cinema auditorium comunale del Castello Normanno, sarà inaugurata la mostra “Con Pasolini cominciammo: il Laceno d’oro in Irpinia”, curata da Paolo Speranza.
Ricco anche il programma della giornata di domani, 23 settembre:
Si comincia alle 18 al Carcere Borbonico di Avellino con “Un consiglio a Dio” di Sandro Dionisio, che sarà presente in sala.
Alle 19 ad Atripalda, presso la Chiesa di San Nicola di Atripalda toccherà a “Largo Baracche” di Gaetano di Vaio che dopo la proiezione risponderà alle domande del pubblico.
A chiudere ci penserà il regista Giovanni Cioni con il suo “Nous Autres e In Purgatorio”, alle 20:30 presso la Chiesa di San Nicola ad Atripalda.
Tutte le schede e le notizie sul festival sono consultabili sul sito www.lacenodoro.it
SCHEDA DI “LARGO BARACCHE”
Regia: Gaetano Di Vaio
Durata: 65’
Origine: Italia, 2013
Soggetto e sceneggiatura: Gaetano Di Vaio
Interpreti: Carmine Monaco, Giovanni Savio, Mariano Di Giovanni, Giuseppe Schisano, Luca Monaco, Gennaro Masiello, Antonio De Vincenzo
Musica: Fabio Gargano
Fotografia: Salvatore Landi
Montaggio: Paco Centomani, Simona Infante
Produzione: Figlidelbronx, Minerva Film, Eskimo; in collaborazione con Rai Cinema
Sette ragazzi dei Quartieri Spagnoli nella loro quotidianità. Storie di ordinaria resistenza, perché se non ci si attiva, se ci si lascia andare allo sconforto di un attimo o alla rassegnazione di un’intera esistenza, si rimanere vittime dell’infelicità. O del “sistema”, sempre pronto ad offrire una facile scorciatoia agli’imprevisti della vita. Di Vaio dialoga con i ragazzi, ci ragiona, non cerca minimamente di rispettare lo statuto documentaristico dell’invisibilità. Il suo non è un cinema arty, non ne ha bisogno, non isola le voci dagli ambienti, non cerca le immagini costruite a bella posta né insegue suggestioni metafisiche. Lascia liberi i protagonisti nel narrarsi le loro speranze, i sogni ad occhi aperti tra i vicoli, seduti sui gradoni dei portoni, o a pesca di granchi a Castel dell’Ovo. Di confrontarsi con i parenti usciti dal carcere (o ancora in cella) che narrano del primo morto ammazzato visto da bambini, di ragionare sul contesto e le differenze sociali. Perché le situazioni di cui il regista ci rende testimoni non sono mai semplicemente personali, ma ontologicamente strutturali. Perché le eccezioni sono, purtroppo, le opportunità. Vincitore del premio DOC/It al Festival Internazionale del Film di Roma 2014.
sezione Prospettive Italia – dalla 9ª edizione del Festival Internazionale del Film di Roma