Nove opere del Maestro Giuseppe Antonello Leone arricchiranno l’esposizione del Museo di Villa Amendola
A pochi giorni dal primo anniversario della scomparsa del Maestro Giuseppe Antonello Leone (nato a Pratola Serra il 6 Luglio 1917 e morto a Napoli il 26 Giugno 2016), considerato dalla critica più attenta uno degli artisti irpini più eclettici e poliedrici del ‘900, il Museo Civico di Villa Amendola si impreziosisce con ben nove sue opere realizzate in varie tecniche e materiali che vanno dalla pietra al legno e dalla plastica fusa al cartone. Opere che sono state collocate nella Sala del ‘900 ad Avellino, dedicata, oltre che a spazio espositivo, anche a sala conferenze.
Entusiasta per questo nuovo significativo arricchimento dell’esposizione permanente di Villa Amendola l’Assessore alle Politiche Culturali Bruno Gambardella. “Aggiungere alle opere di altri valenti artisti irpini dell’800 e del ‘900 già patrimonio dell’Amministrazione Comunale quelle del Maestro Giuseppe Antonello Leone – ha dichiarato l’Assessore Gambardella – riveste per il nostro Museo Civico una particolare importanza. Il Maestro Giuseppe Antonello Leone è infatti uno di quei rari esempi di artisti irpini che, per chiara fama, sono entrati nella storia dell’arte ancor prima di uscire dalle cronache del tempo in cui sono vissuti”.
“Parlare in verità però di Giuseppe Antonello Leone come di un artista irpino – ha precisato l’Assessore Gambardella – è sicuramente riduttivo per un artista la cui notorietà varca abbondantemente i confini della nostra città e della nostra provincia, ma a me piace ugualmente definirlo artista irpino perché è figlio di questa terra. E proprio in questa terra ha mosso i suoi primi significativi passi in quel mondo dell’arte in cui oggi occupa un posto di rilievo. Non posso quindi che esprimere i miei più sentiti ringraziamenti istituzionali agli eredi del Maestro Giuseppe Antonello Leone, ai suoi figli, la dottoressa Rosa Maria, il professore Nicola Giuliano, il dottore Silvio e l’architetto Bruno per aver deciso di concedere al nostro Museo Civico delle opere del loro illustre genitore, così come sento il dovere di ringraziare ancora una volta il Curatore del polo museale cittadino Alberto Iandoli per il quotidiano impegno lavorativo negli Uffici del Settore Cultura”.
Alle dichiarazioni dell’Assessore Gambardella si aggiungono quelle dello Storico dell’Arte Alberto Iandoli, ideatore e Curatore del Museo Civico di Villa Amendola. “La finalità di un Museo Civico – ha dichiarato lo studioso d’arte avellinese – è quella di raccontare la storia di un territorio, e nello specifico, nel raccontare la storia di un territorio che ha per nome Avellino, non si poteva non ricordare, attraverso l’esposizione di sue opere, la storia di un uomo, Giuseppe Antonello Leone, nato a qualche chilometro dal capoluogo, in quel di Pratola Serra nel 1917, che ha dedicato tutta la sua vita a sperimentare tecniche e materiali artistici”.
“Proprio nella nostra città – ha proseguito il dott. Iandoli – nell’ormai lontano 1930, dove da allievo dell’allora Regia Scuola d’Arte, già dava prova del suo talento e della sua propensione alle sperimentazioni delle avanguardie che in quel tempo giungevano ad Avellino con notevole ritardo rispetto ad altre parti d’Italia. Un allora giovane insegnante della Scuola d’Arte, il prof. Settimio Lauriello, indirizzò il giovanissimo Giuseppe Antonello alle poetiche del Secondo Futurismo, movimento artistico-culturale che ha visto tra i suoi massimi esponenti in altre parti d’Italia il modenese Enrico Prampolini, il trentino Fortunato Depero e il napoletano Francesco Cangiullo, e ad Avellino ha avuto proprio in Giuseppe Antonello Leone il nome più autorevole. E a testimoniare la felice esperienza nel Secondo Futurismo di Giuseppe Antonello Leone nel Capoluogo Irpino – ha aggiunto Alberto Iandoli – l’opera datata 1934 dal titolo La Dea del Casale, una scultura lignea policroma, che gli eredi del Maestro Leone hanno concesso al nostro Museo Civico, è la sola scultura del periodo futurista realizzata ad Avellino da Giuseppe Antonello Leone e giunta a noi. Le altre opere di quel periodo, purtroppo, o sono andate distrutte, oppure appartengono a collezioni private di cui non si ha traccia. Un’opera La Dea del Casale, contesa da più musei italiani, ma che ora, grazie ai figli del Maestro Leone, è vanto del Museo Civico di Avellino”.
“Oltre alla Dea del Casale che sicuramente è tra i pezzi più pregiati e significativi della produzione del Maestro Leone legata all’Irpinia – ha proseguito Alberto Iandoli – altre opere concesse dai suoi figli al nostro Museo Civico sono il gruppo di quattro sculture, facenti parte del ciclo delle Pietre Erranti, realizzate da Giuseppe Antonello Leone intervenendo con scalpello e martello su sassi monolitici, che hanno per titoli Ercole, Circe, Giovan Battista e Giano Bifronte. A queste vanno ad aggiungersi, e a completare la preziosa nuova acquisizione del Museo avellinese, l’opera dal titolo Il Bue, un cartone sagomato che riproduce, in forma stilizzata, le fattezze appunto di un bue, e tre sculturine in plastica riciclata e fusa, appartenenti all’ultimo ciclo della produzione artistica di Giuseppe Antonello Leone, quello delle Risignificazioni, in cui l’artista partendo da ciò che abitualmente si getta via, in questo caso delle bottiglie di plastica e il contenitore di una nota marca di detersivi, con originali e fantasiosi interventi le ha trasformate ed elevate ad opere d’arte a cui ha dato i titoli di Svelto, Il Compagno e La Compagna”.
“Insomma – ha concluso Alberto Iandoli – un’importante nuova acquisizione per il Museo Civico di Villa Amendola quella delle opere del Maestro Giuseppe Antonello Leone, che arricchisce notevolmente ciò che il Polo Museale di Villa Amendola offre ai suoi visitatori, ma al tempo stesso consente alla città capoluogo dell’Irpinia di omaggiare un suo illustre figlio. Un artista poliedrico del ‘900, amico, tra l’altro, di Carlo Levi, Manlio Rossi Doria, Rocco Scotellaro e Leonardo Sinisgalli, che nel 1940, giusto per fare un cenno al suo vastissimo curriculum artistico, ad appena ventitré anni, si classificò Terzo alla XXII Biennale di Venezia con l’opera dal titolo Le Nuove Città, e che il noto critico d’arte Philippe Daverio ha definito il Maestro più completo del nostro secolo”.