La serie A dei fratelli Vigorito dopo un “decennio di preparazione”. Ma c’è anche Avellino in questa Serie A

La serie A dei fratelli Vigorito può essere considerata un miracolo solo da coloro che non conoscono Oreste e, ancor di più,  non hanno conosciuto il compianto Ciro Vigorito. Due fratelli originari di Ercolano, ma Avellinesi di adozione e “formazione”. Il più grande dei due fratelli, Ciro (scomparso nell’ottobre del 2010), è stato un grande giornalista e soprattutto dirigente biancoverde negli anni settanta, responsabile della Comunicazione ai tempi della storica conquista della serie A dei Lupi.

Prima di subentrare nella proprietà del Benevento calcio (nel marzo del 2006), i fratelli Vigorito, erano stati in predicato di prendere l’Avellino. Ma la famiglia Pugliese, allora proprietaria della società biancoverde, dopo la storica promozione in serie B ottenuta dalla squadra biancoverde contro il Grande Napoli di De Laurentiis e Pierpaolo Marino (altro Avellinese Doc), negò questa possibilità non solo e non tanto ai Vigorito, ma anche, per certi versi, soprattutto alla tifoseria avellinese.

Dal primo giorno in cui misero piede nella società giallorossa, i fratelli Vigorito, che hanno sempre avuto una mentalità vincente, sia nell’attività imprenditoriale, sia in quella sportiva, promisero a sè stessi che avrebbero provato a portare il Benevento dalla misera realtà della C2 ai massimi livelli del calcio italiano.

Chi, come noi, ha avuto la fortuna di conoscerli in tempi decisamente non sospetti, e sicuramente lontani tanti anni dall’inizio dell’avventura in terra sannita, sapevano delle loro idee, e soprattutto della loro intelligente e positiva voglia di fare e di realizzare. Il fratello minore, Oreste, da giovane e rampante avvocato e manager, con la forza delle sue idee vincenti, ha saputo costruire un impero industriale. Il fratello maggiore, Ciro, ha avuto l’impagabile ruolo di riferimento e guida, di insostituibile “consigliere” dell’imprenditore Oreste.

Le tre promozioni che hanno consentito alla famiglia Vigorito di salire nell’Olimpo del calcio italiano, arrivando a coronare quella promessa che avevano fatto a sè stessi quando entrarono nel calcio in punta di piedi, in una categoria, la C2, la più bassa del calcio professionistico, sono state ottenute in poco più di un decennio.

Si potrebbe parlare, senza per questo evocare quanto seppe fare per l’Unità d’Italia il grande stratega politico Camillo Benso Conte di Cavour, di una sorta di “decennio di preparazione”. Un decennio costellato anche da progetti fatti e rifatti, per via di tanta sfortuna, specie in diversi play off giocati e non vinti.

Sta di fatto che, al di là di quanto tempo è occorso per arrivare lassù, dove “abitano” squadre come Juventus, Milan, Inter, Roma e Napoli, la famiglia Vigorito (noi insistiamo nel ribadire “famiglia”, perchè da circa sei anni e mezzo, da quando Ciro ha preferito andare a “vivere in cielo”, il fratello maggiore ha continuato a “consigliare” dalle nuvole il fratello minore) ha mantenuto la promessa fatta a sè stessa.

E sta di fatto che, nelle due consecutive (ma, almeno per noi, non clamorose) promozioni della società giallorossa, dalla Lega Pro alla serie A, c’è tanto Avellino. E sì, perchè, oltre ai due grandi protagonisti, Ciro ed Oreste Vigorito, non si possono dimenticare il braccio destro di Oreste (praticamente una sorta di “plenipotenziario” di tutte le attività imprenditoriali di Vigorito), vale a dire il Dr Ferdinando Renzulli, Avellinese purosangue, e Salvatore Di Somma, direttore sportivo, anch’egli Avellinese di adozione e vera e propria icona del calcio avellinese.

Del resto, come ha sempre convintamente sostenuto Oreste Vigorito, molto prima del raggiungimento di questo storico traguardo, i successi del Benevento hanno avuto ed hanno tuttora tanti motivi per essere ritenuti successi anche per la provincia di Avellino, tanto vicina a quella sannita, per storia, cultura e condizione sociale. E adesso anche per storia imprenditoriale e sportiva. Checchè ne possano pensare i fautori di un campanilismo che, francamente, ha scarse ragioni pratiche per sussistere: la serie A non può e non dovrà essere circoscritta da un confine meramente “amministrativo”.

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