Oggi è il 47esimo anniversario della morte del grande Totò
Morì nella sua casa romana la notte del 15 aprile 1967. Un infarto non diede scampo a quello che è considerato tuttora da molti il piu’ grande attore italiano. Una vera e propria maschera teatrale moderna, come Arlecchino o come lo stesso Pulcinella.
Toto’ nacque a Napoli nel 1898. Era figlio illegittimo del principe Giuseppe De Curtis e della giovane Anna Clemente; i suoi genitori riuscirono a sposarsi soltanto nel 1921, quando il grande attore aveva già 23 anni.
Registrato con il cognome materno, verra’ riconosciuto come figlio dal principe soltanto nel 1941 e solo nel 1946, morto il Principe De Curtis, il Tribunale lo autorizza a fregiarsi del titolo di Antonio Griffo Focas Flavio Angelo Ducas Commeno Porfirogenito Gagliardi De Curtis di Bisanzio, Altezza Imperiale, Conte Palatino, Cavaliere del Sacro Romano Impero. Fu la madre a dargli il nomignolo di Toto’ .
Nel Pantheon delle glorie italiane Toto’ ha un posto unico.
La sua figura ha da tempo superato i confini del cinema e del teatro ed e’ entrata profondamente nel costume, nel lessico corrente, nell’immaginario di tanti spettatori, anche quelli che non erano nemmeno nati quella mattina di quaranta anni fa (15 aprile 1967), quando il grande attore usci’ per sempre di scena. Toto’ oggi piace a tutte le classi di eta’, a tutti i ceti, al nord e al sud; i suoi film spuntano ascolti elevati in tutte le tv, alla centesima replica; i libri che lo riguardano costituiscono oramai un’ampia biblioteca; la sua figuretta con la bombetta campeggia sempre nei presepi napoletani, insieme ad altre piu’ effimere celebrita’, come Maradona o Di Pietro. Tutto questo quaranta anni fa nessuno poteva lontanamente prevederlo.
Nelle dichiarazioni commosse al tg di quel giorno Renato Rascel, Nanny Loy, Peppino de Filippo e tanti altri parlano della sua grandezza d’attore, della generosita’ dell’uomo. Ma chi avrebbe scommesso su un successo cosi’ duratura? In questo senso Toto’ e’ ancora un mistero, mentre si sa quasi tutto sulla sua vita.
Sara’ la madre a dargli il nomignolo di Toto’. Ma e’ al collegio Cimino, che un suo precettore, tirando di boxe, gli causa quella deviazione del setto nasale che diventera’ un tratto caratteristico della sua maschera. La sua carriera comincia a 14 anni, in piccoli teatri di periferia.
Scoppia la guerra e va volontario; scampa la prima linea e inventa il celebre motto: ‘Siamo uomini o caporali?’. Nel 1918, torna a recitare a Napoli, con un repertorio di imitazioni.
Dal 1922 e’ a Roma, ha successo con la sua figura di marionetta disarticolata, in bombetta, tight fuori misura, scarpe basse e calze colorate. Ha gia’ trentun anni quando, al termine di un grande amore burrascoso, si uccide per lui la nota soubrette Liliana Castagnola: il nome col quale battezzera’ sua figlia. Toto’ sposa nel 1932 la diciassettenne Daria Rogliani. Ma il matrimonio viene annullato nel 1940, mentre corre voce di un presunto flirt fra l’attore e Silvana Pampanini. In preda alla gelosia, l’ex moglie finira’ per lasciare il comico e sposare un altro uomo, ispirando cosi’ la stupenda canzone Malafemmena. Intanto dagli anni Trenta e’ gia’ un divo dell’avanspettacolo, con la sua compagnia, spesso accanto alla Magnani. Dopo la guerra verra’ anche il cinema, un torrente di film (anche fino a dieci l’anno!), che fanno cassetta con il suo nome addirittura nel titolo; ma non piacciono alla critica.
Piu’ avanti pero’ Toto’ avra’ tutte le soddisfazioni possibili, recitando per registi di rango, come Roberto Rossellini (La paura), Vittorio De Sica (L’oro di Napoli), Mario Monicelli (Guardie e ladri), Pier Paolo Pasolini (Uccellacci uccellini). Intanto nel 1952, grazie ad un giornale, conosce Franca Faldini, attrice, poi giornalista, una donna intelligente e materna, con la quale vivra’ fino alla morte. Nel ’56, dopo una lunga parentesi cinematografica, Toto’ torna in teatro con la rivista ‘A prescindere’.
Purtroppo mentre recita a Palermo viene colpito da un male agli occhi: resta quasi cieco, ma indomito: continuera’ a recitare in teatro e sul set fino alla fine . (Maurizio Giammusso)
“Da una parte sembra sia passato un secolo e, dall’altra, Toto’ sembra giovanissimo, troviamo le sue battute su blob, ai telegiornali, tra i politici. Si ha la sensazione che in questo paese sia cambiato poco: le sue battute graffiano ancora”.
Cosi’ Franca Faldini all’ANSA, compagna di Toto’ fino alla sua morte, parlo’ con serenita’ in occasione dei 40 anni dalla sua scomparsa.
“E’ diventato una maschera teatrale e come tale vivra’ per sempre, come Pulcinella’ aggiunge. ‘Tra uomo e attore c’era una netta distinzione “.- ci tiene a dire la Faldini –. “Quando usciva dal camerino era solo Antonio e non tanto il Principe, una cosa a cui teneva solo per il riconoscimento di una paternita’ che gli era stata negata. Essere allora n.n. non era certo facile. Queste per lui sono state ferite che si e’ portato appresso per tutta la vita’. Nella vita privata ‘era un uomo pacato che rifuggiva qualsiasi volgarita’. Aveva una visione patriarcale come quella di sedere a capotavola in una famiglia numerosa. E poi a casa nostra non si rideva mai. Solo a volte aveva i suoi cinque minuti e si metteva a fare parodie. Era un ipocondriaco almeno negli ultimi dieci anni della sua vita‘. E ancora ricorda la compagna di Toto’: “Non c’era niente che gli desse piu’ fastidio quando per strada si radunava la folla e gli diceva ‘facci ridere’. Era una cosa che lo offendeva profondamente si sentiva come una scimmia in uno zoo’. Quello che amava di piu’ e gli dava piu’ sicurezza ‘era stare sul palcoscenico. Li’ si sentiva un leone.
‘Stasera faccio ridere con toni alti e toni bassi’ mi diceva’. Il cinema era invece per Toto’ ‘solo un mezzo per fare quattrini. Per lui il pubblico del cinema era solo una brutta bestia che da un momento all’altro ti poteva mollare’. Il modo in cui Franca Faldini, classe 1931, ricorda piu’ spesso Toto’ e’ ‘quando uscivamo la mattina presto per fare la spesa come due persone qualsiasi prima di uscire con la barca in mare”. Ma prima di chiudere la conversazione telefonica la Faldini ci tiene a dire: “Mi raccomando scriva che sono la sua compagna. Il matrimonio in Svizzera nel 1954 fu solo un’invenzione. Non ci siamo mai sposati anche se Toto e’ morto celibe. Non lo abbiamo fatto solo perche’ pensavamo che fosse giusto cosi’. C’erano 33 anni di differenza e tutto poteva finire da un momento all’altro‘. Infine, aggiunge: ‘Voglio dire che non c’entro nulla con tutte queste varie operazioni mercantili su Toto’. Ho saputo persino che e’ appena uscito un profumo dedicato a lui (Antonio De Curtis Ndr). Io avrei gestito la sua immagine in tutt’altro modo”. (di Francesco Gallo)
Da Ansa.it