Biogem partecipa a studio internazionale sui tumori nel Qatar
I geni predisponenti ai più comuni tipi di cancro in sei diverse popolazioni del Medio Oriente risultano caratterizzati da un alto grado di eterogeneità. A sancirlo è uno studio internazionale, nell’ambito del ‘Qatar Genome Programme’, presso la Qatar Foundation. La ricerca, che ha visto anche un contributo del professore Michele Ceccarelli, Responsabile del Laboratorio di Bioinformatica di Biogem, si è basata su campioni di DNA prelevati da 6.142 nativi, divisi in sei gruppi (arabi, persiani, abitanti della penisola arabica, arabi misti, africani e asiatici meridionali). Lo studio, pubblicato sulla rivista scientifica internazionale ‘Lancet Oncology’, si è concentrato sull’analisi dai fattori genetici di rischio legati allo sviluppo di alcune tra le neoplasie più comuni (mammella, prostata e colon-retto).
Dall’analisi dei dati è tra l’altro emerso che le popolazioni della Penisola Arabica e del Qatar mostrano un minore rischio genetico per il tumore del colon-retto, mentre quella africana evidenzia una maggiore predisposizione per il cancro alla prostata. E ancora, varianti geniche predisponenti al cancro della mammella sono comparse con frequenza negli abitanti del Qatar di origine persiana (56,4%), mentre risultano quasi assenti nella popolazione originaria della Penisola Arabica.
Le differenze nel rischio genetico di sviluppare il cancro tra le differenti popolazioni rimangono un ambito ancora poco esplorato dalla ricerca medica, e la sfida sale di livello in Medio Oriente, dove, generalmente, i dati genomici disponibili sono relativamente pochi. I grandi studi attualmente pubblicati fanno infatti riferimento a individui appartenenti a popolazioni europee e americane. Gli esiti di questa ricerca puntano, quindi, a colmare, almeno in parte, tale lacuna, suggerendo, inoltre, l’implementazione dei programmi nazionali di screening preventivo per il cancro.
Per il professore Michele Ceccarelli “si tratta di uno studio che tende ad aumentare la comprensione dei rischi, soprattutto per una popolazione meno rappresentata nelle banche dati internazionali’’. Un risultato ‘’reso possibile – dichiara infine lo stesso Ceccarelli – grazie a un ambizioso programma, che ha visto la partecipazione di un gruppo di lavoro interdisciplinare e internazionale”.