Accadde oggi:” La tragedia di Arpad Weisz”
E’ stata istituita nel 2005. E da allora ogni 27 gennaio si celebra la “Giornata della Memoria” per ricordare la liberazione dei campi di sterminio di Auschwitz e Birkenau da parte dell’Armata Rossa. Anche il giornale dell’Irpinia si unisce alla celebrazione e per questo motivo, la rubrica “Accadde Oggi” è dedicata alla figura di Arpad Weisz, l’allenatore di origine ebraica del grande Bologna, morto ad Auschwitz il 31 gennaio 1944, perchè la Shoah è stata la più grande tragedia del XX secolo, ma a volte le cifre del massacro e le ricostruzioni generiche non bastano a comprendere cosa rappresentò concretamente l’Olocausto per la vita del singolo individuo. E infatti quella che racconteremo è la grande Storia che incrocia la storia, quella minuscola, e la travolge.
VINCENTE Nato a Solt in Ungheria nel 1896, Arpad Weisz fu in gioventù un discreto giocatore di calcio. Collezionò anche diverse presenze con la nazionale del suo paese. Ma è da allenatore, in Italia, che raggiunge il “top”. Infatti nel 1929-30, vince il suo primo scudetto sulla panchina dell’Ambrosiana Inter. E così, ad appena 34 anni, Weisz è il tecnico più giovane a laurearsi campione d’Italia. E’ a Bologna, però, che l’allenatore magiaro vince praticamente tutto: due scudetti consecutivi e il trofeo dell’Esposizione Universale, l’antenata della Champions League. Proprio in quegli anni in tutta Europa si diffonde la leggenda del Bologna, lo squadrone che tremare il mondo fa.
LA FUGA Nel ’38 il regime fascista promulga le leggi razziali. E Arpad Wiesz viene esonerato dalla sua società dopo una vittoria del Bologna per 2-0 contro la Lazio. Senza lavoro e senza speranza di poter trovare un altro ingaggio, lascia il Paese con la moglie Ilona e i due figli Roberto e Clara. Fuggono prima a Parigi, e poi a Dordrecht in Olanda. Lì, Weisz accetta di allenare la squadra locale formata in larga parte da dilettanti, Nonostante le risorse esigue e le lacune tecniche, l’ungherese conduce il Dordrecht al quarto posto in classifica. Ma l’occupazione nazista dei Paesi Bassi complica la situazione. Nel settembre del ’41 i nazisti vietano agli ebrei di frequentare lo stadio, di andare a scuola, salire sui mezzi pubblici e anche di entrare nei bar. I Weisz tirano avanti grazie agli aiuti, di nascosto, del presidente del Dordrecht, anche se il tecnico magiaro non allena più la squadra. Ma non abbandona i suoi ragazzi, continua a spiarli dietro le fessure della staccionata di legno che cinge il campo di allenamento.
LA MORTE Le SS arrestano la famiglia il 7 agosto ’42 e la prelevano dal campo di Westerbork, lo stesso in cui passerà Anna Frank, all’alba del 2 ottobre. Sul treno che li porta verso i lager gli ebrei pagano il biglietto. Weisz viene separato dalla famiglia e dirottato su Cosel, campo di lavoro in Alta Slesia. Poi sarà Auschwitz anche per lui. La media di vita nei campi era di 4 mesi, Weisz ne regge 16. Lo trovano morto la mattina del 31 gennaio ’44. Ilona, Roberto e Clara sono già morti. Ma questo Arpad non può saperlo, ma solo immaginarlo. Per sessant’anni si perdono le sue tracce. Finchè Matteo Marani, il direttore del Guerin Sportivo, tira fuori dall’oblio del tempo la storia di questo grande innovatore del calcio con il suo libro “Dallo scudetto ad Auschwitz”.E oggi anche la sua città adottiva lo ricorda: perchè se andate al “Dall’Ara” di Bologna, troverete sotto la torre di Maratona una targa in onore di Arpad Weisz. Un omaggio doveroso a chi ha scritto le pagine più belle e più vincenti del club rossoblu.
Mariano Messinese
@MarianoWeltgeis