Avellino, al via domani la XLI edizione del Laceno d’Oro
Tredici giorni di programmazione, oltre 40 titoli selezionati, più di 60 appuntamenti in cartellone, 21 incontri con autori, attori e sceneggiatori, 8 comuni coinvolti, 17 location differenti, 5 performance audio/video, 4 mostre, 2 concerti, 2 workshop ed 1 master class.
Sono i numeri della 41^ edizione del Festival Internazionale del Cinema Laceno d’oro che prenderà il via domani, 1 dicembre, con ben 6 appuntamenti in programma.
Si comincia alle 16, presso il Palazzo abbaziale di Loreto, a Mercogliano, conl’Incontro con la Film Commission della Regione Campania che presenta La nuova legge regionale sul cinema.
Al dibattito, che vedrà la presenza di Maurizio Gemma, Direttore della Film Commission, e di Antonio Borrelli del Coordinamento Lavoratori Regione Campania Cinema, interverranno amministratori locali ed operatori del mondo del cinema e dello spettacolo.
La prima proiezione del Festival è in programma, sempre alle 16, al Carcere Borbonico di Avellino, con A, B, C… MANHATTAN , opera di Amir Naderi del 1997 con Lucy Knight, Erin Norris, Sara Paul, Maisy Hughes, Nikolai Voloshuk e Merritt Nelson.
Alle 17.30, sempre al Carcere Borbonico, sarà inaugurata la mostra Hollywood e Cinecittà nel primo dopoguerra, a cura di Orio Caldiron e Matilde Hockofler.
La mostra è dedicata a «Hollywood», il settimanale cinematografico che esce a Milano dal 18 settembre 1945 al 31 dicembre 1952, edito da Ottavia Vitagliano che pubblica anche «Novelle Film» e diretto da Adriano Baracco. Nel panorama delle riviste popolari del dopoguerra – da «Star» a «Film d’oggi», da «Cine Illustrato» a «Fotogrammi», da «Cinetempo» a «Bis» – è una delle più diffuse se non la più diffusa, quella che si mette esplicitamente dalla parte del pubblico riducendo al minimo l’intervento critico. Nella mostra si è privilegiato il cinema americano, colto nella maliziosa affabulazione divistica tipica del settimanale, anche perché in quegli anni, assieme ai nuovi film subito doppiati, approdano nelle nostre sale le centinaia di titoli mai distribuiti dal ’38 al ’43, quando le Major non si erano piegate al monopolio imposto dal regime: una valanga di pellicole destinata a rappresentare l’ultima grande stagione del cinema hollywoodiano come spettacolo di massa, prima del decollo della televisione e dello stravolgimento del sistema dei media.
Alle 20.15, al Movieplex di Mercogliano sarà proiettata la pellicola I tempi felici verranno presto di Alessandro Comodin, cui seguirà l’incontro con l’autore.
La prima giornata si concluderà con la proiezione, sempre al Movieplex di Mercogliano, di Lo and Behold, Reveries of the Connected World di Werner Herzog, film presentato al Roma Film Festival 2016.
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I FILM
A, B, C… MANHATTAN (Carcere Borbonico, Avellino, ore 16)
Regia: Amir Naderi Durata: 90’Origine: USA, 1997 Soggetto e sceneggiatura: Amir Naderi Interpreti: Lucy Knight, Erin Norris, Sara Paul, Maisy Hughes, Nikolai Voloshuk, Merritt Nelson Fotografia: William Rexer Produzione: Amir Naderi, Eric Sandys.
Tre donne stanno per prendere una decisione vitale per il loro futuro. Vivono tutte nel quartiere di New York chiamato Alphabet City. Colleen è una fotografa che lotta per imporre la propria arte e per crescere da sola la figlia Stella. Kacey ha perso sia il fidanzato che la sua amante, ma le sue attenzioni si concentrano nella ricerca del proprio cane. Kate, infine, sa che è tempo rompere la sua relazione con Stevie, ma sta aspettando di trovare il momento giusto per parlargli. Tutte insieme, queste tre vite, rappresentano il ritratto di una generazione che vive in un particolare quartiere di New York, il Lower East Side.
NOTE DI REGIA: Colleen per me rappresenta in un certo modo “ieri”; lei conosce tutto del Lower East Side, ci è arrivata da molto tempo, ha avuto una figlia, ha fatto esperienze di ogni tipo, ha perso così tante cose, fino a quando è arrivata alla decisione di “oggi”, molto dura e sofferta di affidare la figlia ad
altri. Kasey, che cerca di ritrovare il suo cane e di riconquistare la sua ragazza, rappresenta per me l’oggi, è molto alla moda, molto dura, è un maschiaccio, determinata, mentre Kate, la terza ragazza, rappresenta il “domani”; in un certo senso è come la chiusura di un cerchio. Ho cercato di creare dei contrasti, da punti di vista differenti, mostrando che cosa significa, in questo posto, essere delle giovani donne che si assumono i propri rischi.
I TEMPI FELICI VERRANNO PRESTO (Movieplex, Mercogliano, ore 20.15)
Regia: Alessandro Comodin Durata: 100’Origine: Italia/Francia, 2016 Soggetto e sceneggiatura: Alessandro Comodin, Milena Magnani Interpreti: Sabrina Seyvecou, Erikas Sizonovas, Luca Bernardi, Carlo Rigoni, Marco Giordana, Paolo Viano, Marinella Cichello Fotografia: Tristan Bordmann Produzione: Okta Film, Shellac Sud, Rai Cinema, Arte France Cinéma, con il contributo del MiBACT, in partenariato con CNC, con il sostegno di FVG Film Fund, Région Provence-Alpes-Côte d’Azur, Film Commission Torino Piemonte.
Tommaso e Arturo ce l’hanno fatta, sono riusciti a scappare cercando rifugio nella foresta. Bella la vita ora, nonostante tutto. Ma, attenzione, spesso muori quando meno te l’aspetti, anche se sei giovane, finalmente felice e non hai fatto niente di male. Tanti anni dopo, nella foresta che ha accolto Arturo e Tommaso, si dice che viva un branco di lupi, che aggredisce il bestiame degli allevatori del posto. Di Arturo e Tommaso nessuno ha mai sentito parlare in paese ma, nella stessa foresta, Ariane scopre una grotta. Ariane è, forse, la ragazza di cui parlano le storie del paese. Cosa la spinga a entrare nel buco rimane un mistero, fatto sta che poi, di lei, non si saprà più nulla. Ognuno ha la sua di storia, ma tutti concordano nel dire che Ariane il lupo l’ha incontrato. Dopo L’estate di Giacomo, Alessandro Comodin si spinge in una dimensione ancora più profonda del rapporto tra tempo della giovinezza, interferenza della natura e complessità della relazione, mettendo in campo un film come I tempi felici verranno presto che materializza in forma metaforica e surreale un discorso sull’essere nel mondo, sulla dinamica fisica e spirituale del tempo vissuto. Un film ambizioso ed ardito, in qualche modo anche denudato da qualsiasi abito strutturale e concettuale, vissuto dal regista come un atto di liberazione del filmare, una corsa ad occhi bendati nella vertigine del mettere in opera un dispositivo filmico senza la pretesa della complicità narrativa.
Festival di Cannes 2016: Semaine de la Critique – Special Screening – Beatrice Sartori Award
LO AND BEHOLD: Reveries of the Connected World (Movieplex, Mercogliano, ore 22.30)
Regia: Werner Herzog Durata: 98’Origine: USA, 2016 Soggetto e sceneggiatura: Werner Herzog Interpreti: Elon Musk, Lucienne Walkowicz, Lawrence Krauss, Kevin Mitnick Produzione: Werner Herzog, Rupert Maconick.
Herzog non racconta la storia di internet, nonostante parta dalle origini, da quella stanza della UCLA in cui è conservato il primo server, da quelle prime due lettere, LO, che sono un aborto di parola, come il balbettio di un bambino che prova a ripetere i suoni degli adulti. Racconta semmai il passaggio ormai inevitabile dall’epoca del dominio dei tecnici, quella che stiamo vivendo oggi, all’epoca del dominio inumano. Ma ciò che gli interessa sono i percorsi di fuga, gli angoli ottusi, i punti di vulnerabilità del mondo della rete. Non per tener fede a un partito preso, a un’idea preconcetta. Herzog non è un modernista né un reazionario. È un viaggiatore instancabile. E il suo è un metodo di viaggio, che traccia i percorsi solo dopo averli battuti, che disegna le figure a partire dal contorno, che individua il senso in quella zona sfumata in cui il tratto diviene un segno indistinto, si perde nel caos, che è il gioco ipotetico dei domani, degli scenari, delle conseguenze. Un internet che sogna se stesso, come chiede ossessivamente Herzog, parafrasando Philip K. Dick, è un ultimo romantico appiglio umano o una profezia disastrosa? Poco importa la soluzione. L’importante è domandare. E se lungo il percorso, Herzog sembra affezionarsi di più alle figure eccentriche, quelle che, in un modo o nell’altro, mettono in discussione l’ordine di questo nuovo mondo, come Nelson o come il superhacker Kevin Mitnick (che in fondo utilizza il più efficace e incorreggibile bug di sistema, la stupidità umana), è perché sono la conferma vivente che c’è sempre un diverso modo di guardare le cose. Esistono sempre altre idee, altre visioni, altre pratiche. Documentarle significa ricercarle. Fare cinema significa immaginare altro, sperimentare altro. Inventando una lingua per raccontare i regni oscuri e le fate morgane, i sogni perduti nelle grotte preistoriche e i sogni imperdibili di un mondo connesso. Presentato al Roma Film Festival 2016
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