Avellino, martedi 5 dicembre ore 22 al Godot Art Bistrot approda la band giapponese Sundays & Cybele
Martedì 5 dicembre, alle 22, sul palco del Godot Art Bistrot, in via Mazas ad Avellino, approda la band giapponese Sundays & Cybele per l’unica data al Sud Italia di un tour europeo iniziato a Barcellona e che toccherà poi Berlino, Praga, Copenaghen e Oslo.
«Nell’ultima decade il rock giapponese ha illuminato l’occidente con il proprio genio», sostiene Julian Cope. E i Sundays & Cybele s’inseriscono in questo «spazio riservato di un futuro “Japanrocksampler” per una prossima generazione impegnata a svelare i nascosti segreti dell’universo umano», aggiunge Giovanni Capponcelli, critico musicale che su distorsioni.net recensisce l’ultimo album della band, «Chaos & Systems» pubblicato il 24 febbraio di quest’anno dall’etichetta americana «Beyond Beyond is Beyond».
«Dopo lo sfolgorante flower-pop da Electric Prunes di Alpha Centauri ascoltato in “Heaven” – scrive Capponcelli – ecco una doppia endiadi, ed una doppia “&”, che generano caos elettro-percussivo da cerimoniale del Sol Levante su cui montano onde di elettricità troposferica. Nu-psichedelia in questo “Chaos & Systems” nello stile comunardo dei Goat, cantata in meraviglioso idioma nipponico, frenetica, ondulatoria, un messaggio cifrato inviato ad altri mondi. Schizoide sì, ma con quella nonchalance formalmente impeccabile e tutta orientale, che sa non scomporsi anche di fronte ad una zebra rosa che cavalca un monopattino robotico alla stazione di un treno a levitazione magnetica. E ringraziando poi, con un composto inchino. Butterfly’s Dream, un hard rock incapsulato in una pasticca di anfetamina per la chitarra di un Hendrix che surfeggia con Santana e col Nokie Edwards dei Ventures, e poco importa se la lingua giapponese riporta involontariamente alla memoria le sigle dei manga; perché qui il viaggio nello spazio è garantito anche senza l’Arcadia o la Future Comet».
«A mettere in pari la vicenda cosmogonica tra «Caos e Sistema» ci pensa il delirio di wha-wha che ruba ai primissimi Funkadelic il calore erotico sprigionato da gemme come «If you will suck my soul I will lick your funky emotions. Per ultimi arrivarono i 13 minuti di Paradise Come: e trionfò la pace, la faccia luminosa delle lune psichedeliche di Giove; un prato ipersaturo di colore, polline, profumi, incensi e mirra. Naif, per credenti integerrimi in arcobaleni non fatti per il grigio di chi sogna sempre di meno. Ma sincero».
«C’è da meravigliarsi – conclude Capponcelli – che lo stesso Cope, durante «un viaggio acido in cui restai supino e immobile per sei ore, convinto di sentire urlare le gocce di pioggia» ascoltasse i Taj-Mahal Travellers e non i S&C. O forse fu premonizione».