Ebola, i ricercatori: “Farmaci sperimentali anche ad africani”
Visto l’aumento dei casi di Ebola in Africa occidentale è giunto il momento di dare terapie e vaccini sperimentali, come quelli usati per i due pazienti statunitensi, anche alle popolazioni locali. Lo affermano in un comunicato congiunto tre dei principali esperti mondiali del virus, tra cui Peter Piot, uno degli scopritori di Ebola, che si appellano all’Oms perchè permetta una sperimentazione ‘sul campo’.
I trattamenti, spiegano Piot, David Heymann del Chatham House Centre on Global Health Security e il direttore del Wellcome Trust Jeremy Farrar, non sostituirebbero le misure di prevenzione, che però stanno fallendo per le condizioni delle infrastrutture sanitarie. ”Ai governi africani dovrebbe essere permesso di prendere decisioni informate sull’usare o no questi trattamenti – scrivono i ricercatori – ad esempio per proteggere e curare i lavoratori sanitari che operano in zone ad alto rischio di infezione”.
Cinque anni fa a un virologo tedesco che si era punto accidentalmente con una siringa contenente il virus è stato dato un vaccino, ricorda il comunicato, e i due americani hanno ricevuto il farmaco che sembra aver migliorato le loro condizioni ancora prima di tornare in patria. ”L’Oms potrebbe assistere i paesi africani nello sviluppo di protocolli rigorosi per l’uso di questi trattamenti -. E’ il solo organismo internazionale con l’autorità necessaria, e deve assumere questo ruolo. Questa epidemia durerà ancora per dei mesi, e c’è il tempo per fare velocemente i test di sicurezza nei paesi non affetti per poi cominciare l’uso in Africa. In fondo – concludono gli esperti – l’unico modo per verificare se sono efficaci è metterli alla prova durante un’epidemia”.
Sul problema, ha annunciato l’Oms, sarà costituita una commissione di esperti di etica le cui riunioni inizieranno la prossima settimana. ”Siamo in una situazione inusuale in questa epidemia – afferma Marie-Paule Kieny, assistente del Direttore Generale – con un alto tasso di mortalità senza nessun trattamento o vaccino approvati. Dobbiamo chiedere agli esperti di etica medica di darci una guida su quale sia la cosa responsabile da fare”. Teoricamente, spiega Kieny, la procedura prevederebbe di testare i trattamenti su un piccolo numero di persone sane per essere sicuri che l’uso sia sicuro. Quindi lo studio va allargato a più persone per valutare l’efficacia. ”Il principio base deve essere ‘non danneggiare’ – sottolinea – la sicurezza è sempre la preoccupazione principale”.
Da Ansa.it