Il due novembre è anche l’anniversario della morte di un grande intellettuale italiano: Pierpaolo Pasolini
Oggi è il 2 novembre, giorno dedicato ai defunti. Come ogni anno si ripete una circostanza triste, commemorativa e simbolica, solo all’apparenza rituale, per tributare un omaggio ai nostri cari defunti. Il mio ricordo più intimo e personale si rivolge in primo luogo ai miei nonni. Non ho altri parenti scomparsi (per fortuna). Avrei anche gli amici d’infanzia e della prima adolescenza, che rimasero sepolti sotto le macerie del terremoto del 23 novembre 1980. Un’altra triste ricorrenza che s’avvicina. Ma il 2 novembre si celebra pure un altro tragico anniversario, cioè la prematura e violenta scomparsa di Pier Paolo Pasolini, il maggiore intellettuale italiano del Novecento. Tale occasione si offre agli avvoltoi e sciacalli della disinformazione, per compiere l’ennesima operazione di strumentalizzazione ideologica e di mistificazione del pensiero di Pasolini. Alludo a quanti provano a distorcere in modo indegno e disonesto la posizione assunta da Pasolini il 16 giugno 1968, quando pubblicò i famosi versi intitolati “Il Pci ai giovani” sugli scontri di Valle Giulia a Roma. In quella circostanza, Pasolini si “schierò” (?) a fianco dei poliziotti, di estrazione proletaria, accusando apertamente la “massa informe” degli studenti, figli della borghesia che Pasolini detestava in modo viscerale. Eppure, non tutti sanno che Pasolini non disdegnò mai, né rifiutò la collaborazione con i movimenti di contestazione di quegli anni: ad esempio, Lotta Continua ed altre formazioni extraparlamentari, con cui ha condotto esperienze significative di controinformazione. Penso alla controinchiesta del Collettivo politico di Lotta Continua, che si concretizzò nel film-documento “12 dicembre”, uscito nel 1972, sulla strage di Piazza Fontana. L’impegno coinvolse direttamente Pasolini, che contribuì pure alla sceneggiatura. La disonestà intellettuale e ideologica di sedicenti operatori dell’informazione dominante, risiede soprattutto in un aspetto: essi espongono solo la versione che fa loro comodo, mentre tacciono o fingono di dimenticare quella porzione di verità che non conviene raccontare. Inoltre, vorrei rammentare il rispetto sacrale di Pasolini verso lo studio e la salvaguardia di qualsiasi identità antropologica e culturale particolaristica (cioè localistica), da intendersi in un’accezione tutt’altro che retriva, nostalgica o reazionaria, connessa ai valori più genuini dell’essere umano. Valori essenziali che sono stati annientati da un processo storico di omologazione imposta dall’ideologia borghese dominante. A tale riguardo mi sovviene un’altra “provocazione corsara” che Pasolini lanciò oltre 40 anni fa, l’ennesima intuizione “profetica” del suo genio: in una società consumista di massa, che impone “rivoluzioni liberiste” che potremmo definire “di destra”, ovvero antidemocratiche ed antipopolari, i “rivoluzionari” più autentici sono (paradossalmente) i “conservatori”, ossia coloro che si oppongono a simili mutamenti innescati nel quadro dell’economia capitalistica, di chiara matrice liberticida e reazionaria, frutto marcio di un’accelerazione storica improvvisa che ha determinato un processo di sviluppo abnorme e irrazionale, di “globalizzazione” a senso unico, a spese dei popoli e dei loro diritti più elementari, come il diritto ad una sanità e ad una istruzione pubblica, garantita a tutti i cittadini, e non solo un privilegio esclusivo concesso alle classi più facoltose. L’attualità di Pasolini è sconcertante ed il suo pensiero è più “moderno” di qualsiasi “rivoluzione neoliberista” imposta dal Capitale.
Lucio Garofalo