La “Via Crucis” che non c’è più

 Come da tradizione, Venerdì Santo si è svolta per le strade del centro città la rituale “Via Crucis”, o meglio, per noi Avellinesi: “A Processione”, cioè la rievocazione storico-religiosa della Passione di Cristo, organizzata da sempre dalla Parrocchia del Duomo di Avellino.

L’evento, come ogni anno, ha rappresentato un momento di raccoglimento e di preghiera. Ma, mai come questa volta, questo rito molto coinvolgente ed emozionante ha evidenziato la scarsa partecipazione del Popolo avellinese e dei rappresentati delle Istituzioni.

Solo se penso cosa era “ A Processione” un tempo e la confronto con quella odierna, mi viene “il magone”. Ricordo delle lunghissime “Via Crucis”, con le donne a piedi nudi, vestite come l’Addolorata, a portare ceri enormi; gli uomini, con grande sforzo e sacrificio, montavano in spalla la statua di Gesù e quella più pesante dell’Addolorata, portandole per le vie della città. Ricordo che mia madre mi vestiva di rosso porpora e mi cingeva il capo con veri rovi pungenti, facendomi portare una piccola croce di legno con la scritta “INRI”, come quella di nostro Signore Gesù Cristo sul Calvario. C’erano anche altri bambini vestiti come me, mentre le ragazzine indossavano i panni dell’Addolorata o vestivano con l’abitino bianco della 1^ comunione. Ricordo ancora il banco con i ceri, pesantissimo, portato a mano da molti fedeli ed inoltre, la cosa più bella, era la banda musicale che, dopo ogni Stazione, suonava una musica di un’intensità emotiva talmente forte che raggiungeva la parte più profonda del cuore dei partecipanti. E poi, c’erano le autorità, dal Vescovo al Sindaco agli onorevoli e senatori della Repubblica. Oggi, ahimè, non c’era nemmeno più il primo cittadino o chi avrebbe dovuto rappresentarlo; pochissima gente, un autocarro, al posto degli uomini, a trasportare le statue; il banco ceri ridotto della metà e una musica registrata tra una Stazione e un’altra. Insomma, la fine di una antica e suggestiva tradizione!

Tengo a precisare, cari amici, che la mia umile riflessione vuole semplicemente evidenziare l’affievolirsi di una splendida tradizione religiosa, che pare quasi stia scomparendo. Sia ben chiaro: lungi da me l’inoltrarmi in ragionamenti di mancanza di Fede o di valori religiosi da parte degli avellinesi. Ma, come dicevo a mia moglie, la colpa di quest’affievolimento delle tradizioni è anche nostra, non essendo stati noi capaci di insegnare ai nostri figli la cura ed il rispetto di ciò che ci è stato tramandato dai nostri genitori, e che ormai vive solo nel ricordo di quelli di un’altra generazione.

Geremia Niespolo

 

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