Le mamme italiane sono brave ad allattare, ma svezzano male
Ecco il ritratto delle mamme italiane, o almeno ciò che emerge dallo studio Nutrintake: brave e costanti ad allattare (anche a lungo), meno preparate e spesso vittime di errori nello svezzare, sempre più tardivo. Se infatti quasi l’80% delle madri del Belpaese allatta al seno i propri figli fino a 6 mesi, la metà continua a farlo fino al compimento del primo anno, quasi il 20% fino ai 2 anni, e addirittura il 9% oltre i 25 mesi.
Il latte artificiale viene quindi usato meno. Vi ricorre il 39% delle mamme fino ai 6 mesi di vita del bambino, il 46% tra i 7 e 12 mesi, il 35% tra i 13 e 24 mesi, e il 20% dopo i due anni. A partire dal primo anno di vita capita che vi siano sovrapposizioni tra il latte artificiale e quello di mucca, che viene dato al 12% dei bambini più o meno a partire dall’anno, per poi crescere via via fino al 49% nel secondo anno di vita, e al 71% dopo.
Il ricorso massiccio all’allattamento vede per converso uno svezzamento sempre più tardivo, un minore ricorso agli alimenti per l’infanzia o baby food (-6,8% nell’ultimo anno) a vantaggio di cibi confezionati per adulti, non adatti ai bambini, come cracker, biscotti, merendine e pizze, a volte anche prima dell’anno di vita, meno costosi, a causa anche della crisi. Il che porta a squilibri e carenze nutrizionali nei bambini. Una fotografia confermata da Giovanni Corsello, presidente della Società italiana di pediatria. ”C’è un problema di eccesso di sale, zuccheri semplici e calorie – spiega – per un uso precoce di cibi confezionati destinati agli adulti perchè costano meno.
C’è inoltre il rischio precoce dell’uso del latte vaccino prima dell’anno di vita, a volte dato anche nel primo semestre”.
Tutto ciò con il pericolo di ”carenze nutrizionali, come anemie e allergie – continua Corsello – e sovrappreso e obesità, per eccesso di zuccheri e calorie. Il rischio di carenze nutrizionali da 1 a 3 anni supera il 30%”. Errori alimentari che sono spesso associati a minori visite dal pediatra, anche di base, perchè spesso non si è consapevoli dell’importanza di una valutazione clinica accurata. ”I pediatri – conclude Corsello – devono far capire alle famiglie che l’alimentazione da 1 a 3 anni è un fattore decisivo per la salute del bambino che non può essere trascurato”.
Fonte: Ansa.it