Mercogliano, la “Madonna delle Grazie con Cristo e anime purganti” dipinto inedito di Michele Ricciardi torna a splendere dopo il restauro
Io vidi quello essercito gentile
Tacito poscia riguardare in sue,
quasi aspettando, palido e umile;
e vidi uscir dall’alto e scender giue
due angeli …
I versi del Purgatorio del sommo poeta Dante Alighieri basterebbero a descrivere la tela inedita di Michele Ricciardi la Madonna delle Grazie con Cristo e anime purganti venuta alla luce a seguito del restauro nella chiesa matrice dei Santissimi Pietro e Paolo di Mercogliano.
Si deve all’opera costante ed appassionata del parroco don Vitaliano Della Sala, che da anni si è impegnato in un programma di recupero delle opere artistiche della chiesa matrice di Capocastello in autofinanziamento, se un dipinto annerito da strati di polvere e fumo, quasi ignorato sulla parete sinistra dell’abside, sia ritornato al suo antico splendore. Il restauro, attento e puntuale, eseguito con pazienza certosina ed abilità tecnica riconosciute, si deve invece alla professionalità, allo studio e alla passione per la storia e l’arte di Martino Del Mastro e Antonietta Petruzziello, con l’alta sorveglianza della Soprintendenza ABAP di Salerno ed Avellino.
Nel dipinto, siglato e datato 1719, il Ricciardi incentra il suo racconto per immagini sul Purgatorio, luogo della redenzione dal peccato riconosciuto come esistente nel Concilio di Trento e, conforme alle indicazioni sinodali, assolve un preciso programma iconografico servendosi di due registri narrativi, aventi entrambi come tema il valore catartico della espiazione.
Nella parte inferiore dell’opera il pittore rappresenta, in primo piano, una scena del purgatorio tratta dall’immaginario collettivo popolare, corpi nudi di uomini e donne dolenti e supplici, avvolti dalle alte fiamme purificatrici, in attesa dell’intercessione divina. Non vi è tensione né pathos nei visi e nei corpi anatomicamente ben delineati degli attori di questa rappresentazione devozionale, ma una sorta di contrita e fiduciosa attesa. Solo la figura femminile in primo piano, un chiaro riferimento ad alcune opere di Angelo e Francesco Solimena, spettrale nella nivea consistenza delle carni e nella luce diafana che l’avvolge, sembra colta nell’atto di un disperato grido silenzioso. Per una sorta di retaggio medievale il peccato ha le sembianze di donna e il Ricciardi, non a caso, identifica al femminile il personaggio indegno della grazia divina, una novella Eva, nuda, discinta e in lacrime, che ancora deve espiare i suoi errori nelle fiamme purificatrici. Un’altra figura femminile, in secondo piano, avvolta in un’aura dorata, il viso sereno e composto, attende il suo turno per ascendere al cielo. E’ una sorta di alter ego della figura in primo piano, la rappresentazione del peccato espiato e della speranza riposta nella grazia divina.
La fortuna di questa tipologia di immagini, di culto prevalentemente popolare, si deve anche al processo di identificazione che l’osservatore stabiliva con la scena rappresentata, non entità soprannaturali partecipi del divino, o racconti di carattere ideologico religioso, difficili da recepire ed interpretare, ma poveri peccatori oberati di fatiche e dolori, storie di una umanità sofferente che riponeva speranza nella misericordia di Dio e nella vita eterna.
L’impatto iconico della rappresentazione è affidato a due dolcissime figure angeliche, con fluttuanti drappi avvolti intorno al corpo, che attraversano in volo la parte centrale del dipinto e traggono dalle fiamme del purgatorio due sventurati. La serena compostezza dell’espressione del viso ed il gesto amorevole dei due angeli, con le vesti seriche dai colori luminosi accesi e contrastanti, panneggiate con misurata eleganza, le ali dalle tonalità degradanti e cangianti, l’incarnato perlaceo, richiamano la maniera del Solimena, tanto che l’angelo di sinistra è una puntuale citazione dall’Agar nel deserto della Galleria del Banco di Napoli del pittore irpino.
L’organizzazione spaziale compositiva, ad andamento serpentinato, ispirata ad un gusto molto scenografico, con l’introduzione di elementi architettonici, è retaggio della lezione del Solimena e del Guarino, maestri ai quali il Ricciardi si avvicinò nella prima fase della sua attività e i cui insegnamenti furono fondamentali nel bagaglio tecnico del pittore.
Nel registro superiore campeggiano le figure della Madonna e del Cristo, entrambi raffigurati nella loro missione salvifica: Maria , madre amorevole e misericordiosa, è colei che ha portato nel grembo la Grazia, il figlio di Dio, e per questo è la «madre della divina Grazia»; ma Maria è anche Colei che intercede per i peccatori, affinché Dio conceda loro il perdono.. La presenza sullo stesso piano spaziale del Salvator Mundi e della Mater Misericordiae, a figura intera e con i simboli della Grazia rappresenta, allo stato della ricerca sulle opere del pittore di Penta, se non un unicum, sicuramente una impaginazione compositiva rara, così come la rappresentazione del purgatorio, affollata di personaggi tanto da occupare tutto il registro inferiore del dipinto.
La Madonna delle Grazie, imponente nelle sue vesti dai colori decisi, caldi e luminosi, panneggiate in molteplici pieghe, assisa su un masso grigio più che su una nuvola, è immagine di gusto giordanesco che rivela una sicura tecnica nell’uso dei colori e delle sfumature tonali, la cura nella descrizione particolareggiata delle vesti, e la maestria del pittore nel gesto pudico della Vergine di far scaturire il latte dal seno coperto dal velo che le cinge anche il capo. L’angelo dipinto alle spalle della Madonna, come espediente tecnico per coprire quello spazio della tela, con il suo viso dolce, le vesti fluttuanti, il gesto protettivo verso la madre del Cristo, ricorda le figure del Guarino, così come i putti reggi croce, leggiadri nel sorreggere il simbolo del martirio, sono ispirati dalla lezione solimenesca.
L’angelo a torso nudo, le parti inferiori ricoperte da un drappo panneggiato a pieghe concentriche nelle tonalità cangianti del grigio, raffigurato nell’atto di porgere con gesto rispettoso ed amorevole la coppa al Cristo, è un puntuale riferimento alla produzione di Angelo Solimena ed in particolare all’entità celeste rappresentata nella Pietà della chiesa parrocchiale di Santa Lucia di Serino conservata nel Museo Arcivescovile di Salerno.
Il Cristo, raffigurato nella parte destra del registro superiore, ha caratteristiche iconiche che ricorrono costantemente nella produzione del Ricciardi, anche a distanza di decenni: in particolare il viso affilato, i lunghi capelli biondi inanellati, la barba rada spartita sul mento, l’espressione pensosa ma serena, le vesti rosse che avvolgono con costruiti panneggi le membra diafane segnate dai chiodi della crocifissione e dalla lancia sul costato.
Un altro personaggio spesso ricorrente nell’impianto rappresentativo dei dipinti del Ricciardi è Maria Maddalena, figura strettamente legata al tema catartico dell’espiazione. La Maddalena è il simbolo della penitente, la donna ricca e dedita ai piaceri che, convertita alla fede, rinunciò a tutti i suoi privilegi e seguì Cristo fino ai piedi della Croce.
Alla Maddalena, nell’economia della composizione è riservato un posto importante, alla sinistra del Salvatore, in coerenza con il programma salvifico perseguito dalla committenza. La Maddalena ha peccato, ha espiato e, toccata dalla grazia, viene accolta nella sfera del divino.
La lettura del racconto per immagini del percorso salvifico del purgatorio termina con un’immagine gioiosa, il putto sorridente che regge tra le mani un ramo di cedro con i frutti gialli e carnosi, simbolo dell’eternità e dell’immortalità dell’anima.
Paola Apuzza
Storico dell’arte Soprintendenza ABAP di Salerno e Avellino