Roma, al Museo dell’Ara Pacis in mostra fino al 7 settembre 2014 “L’arte del comando. L’eredità di Augusto” – Da Carlo Magno a Mussolini

Al Museo dell’Ara Pacis si incontrano Carlo Magno e Mussolini, Carlo V d’Asburgo e Ivan il Terribile, Elisabetta I e Rodolfo d’Asburgo, Federico II di Svevia e Napoleone, nella mostra intitolata «L’arte del comando. L’eredità di Augusto», inaugurata giovedì presso il Museo dell’Ara Pacis, dove resterà aperta fino al 7 settembre. Si incontrano quasi tutti i monarchi (e un dittatore del XX secolo), che nel corso della storia hanno reinterpretato il modello creato dal primo imperatore romano per convogliare il consenso intorno alla sua persona. E naturalmente si racconta anche il modo in cui lo stesso Augusto costruì la propria immagine per presentare ai contemporanei un’ascesa al potere non solo legittima, ma addirittura predestinata. A questo scopo fece costruire l’Ara Pacis e commissionò a Virgilio l’«Eneide», un poema che, narrando le gesta di Enea, figlio di Anchise e della dea Venere, accreditava l’imperatore come discendente della «gens Julia», la stessa che scappando da Troia in fiamme aveva poi fondato Roma sulle rive del Tevere.

Enea, modellato nell’argilla con le dita da un ignoto artista, scappa portando Anchise non sulle spalle, ma in braccio, come fosse un bambino, proteggendolo anche con lo scudo. E il vecchio padre si aggrappa a lui cingendogli il collo con le braccia e appoggiando la guancia sul fianco dell’elmo.
Ci sono poi immagini di ben più grande epicità nel percorso dell’esposizione. Si incontra l’interpretazione del mito augusteo da parte del cristianesimo, che rilesse la quinta egloga di Virgilio – in cui la Sibilla Cumana predice la fine di un ciclo temporale e l’inizio di una nuova era di pace – come l’annuncio dell’Avvento, le sorti della Chiesa, il ritorno di Cristo alla fine dei tempi. A testimonianza, è stata esposta la Sibilla Cumana del Domenichino, con il cartiglio che reca la scritta in greco «esiste un solo Dio infinito e non nato».

Nella quarta sezione troverete come la popolarità di Augusto tra medioevo e rinascimento abbia dato origine alla cosiddetta «leggenda dell’Ara Coeli» (la spiegazione nel pannello). E, a fianco, le copie degli undici Cesari dipinti da Tiziano Vecellio per Federico II Gonzaga, quando i governanti chiedevano serie pittoriche degli imperatori romani per ornare le loro residenze e mostrare la continuità con il glorioso passato di Roma. Gli originali di Tiziano andarono distrutti a Madrid nel 1734, durante l’incendio dell’Alcazar.
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Da Corriere.it

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