Settanta anni fa l’eccidio delle Fosse Ardeatine con il massacro di ben 335 persone per la feroce ritorsione nazista
Un “orribile delitto contro l’umanita’”, con 335 caduti per ritorsione: cosi’ e’ stato definito dalla Corte di Cassazione l’eccidio delle Fosse Ardeatine. Era il 23 marzo 1944, ricorrenza del venticinquesimo anniversario della fondazione dei fasci di combattimento, avvenuta a Milano nel 1919. Roma era in piena Repubblica sociale italiana e il comando partigiano prevedeva una solenne celebrazione dei fascisti. Chiese così ai ”gruppi di azione partigiana” (Gap) se avevano qualche progetto per demoralizzare i repubblichini. I gap proposero di attaccare col tritolo una colonna di circa 150 poliziotti appartenenti all’undicesima compagnia del terzo battaglione del reggimento Ss “Bozen”, composta di altoatesini.
Tutti i giorni la colonna, puntualissima, percorreva una stretta stradina, via Rasella, per raggiungere le caserme al Castro Pretorio. Giunti a Roma da poche settimane, passavano per soldati violenti e feroci. L’idea fu di Mario Fiorentini, studente in matematica che abitava vicino a via Rasella. La espose a Rosario Bentivegna (“Paolo”) e Carla Capponi (“Elena”), fidanzati, lui studente di medicina, lei tecnica di un laboratorio di chimica, entrambi militanti nel Gap di cui faceva parte Fiorentini. Bentivegna alle 3,25 del 23 marzo percorse via Rasella vestito da spazzino spingendo un carretto per la spazzatura con dentro 18 chili di tritolo fornito dalle formazioni speciali dell’esercito. La bomba era stata preparata da Giulio Cortini, da sua moglie e da altri. Alle 3,35 arrivarono gli altoatesini e alle 3,45 la bomba scoppiò facendo una strage. Su ciò che restava della colonna caddero le bombe di Franco Calamandrei e altri tre partigiani. Le vittime furono 33. Alle 20 dello stesso giorno il generale nazista Herbert Kappler ebbe l’ordine della ritorsione: 10 italiani per ogni soldato morto. E furono le Fosse Ardeatine con 335 vittime (molte delle quali ebrei anche non italiani, militari e civili), cinque in più dell’ordine ricevuto. Mentre Kappler ha enormi difficoltà a trovare tante persone da fucilare sorge il problema di come formare il plotone di esecuzione. Il comandante del reggimento che ha subito l’attentato si rifiuta. Anche l’esercito tedesco risponde negativamente dicendo che ”i militari non vogliono sporcarsi le mani con una turpe ritorsione'”.
Cosi’ Kappler decide di far da sé, tra i suoi aiutanti c’è anche Erich Priebke, che per questo sarà processato per “concorso in violenza con omicidio continuato in danno di cittadini italiani”. Kappler divide i suoi uomini (12 ufficiali, 60 sottufficiali e un soldato) in piccoli gruppi e ordina di sparare un solo colpo per prigioniero. Le vittime furono uccise a gruppi di cinque con un colpo alla nuca. Il primo gruppo mori’ alle 15,30 del 24 marzo. Il secondo gruppo è comandato dallo stesso Kappler che vuole dare l’ esempio. Tutto finisce alle 20. Quattro ore e mezzo di sangue. Le vittime avevano un’età che andava dai 14 ai 72 anni. C’erano architetti, avvocati, attori, banchieri, calzolai, falegnami, camerieri, elettricisti, militari di ogni ordine e grado, impiegati, operai, tipografi e un sacerdote. Il 3 maggio 1948 Kappler compare dinanzi al Tribunale militare di Roma e il 20 luglio viene giudicato colpevole e condannato all’ergastolo. Ricorre ad una serie di appelli, l’ultimo il 19 dicembre 1953. Sentenza confermata. Comincia così l’espiazione del “Boia delle Ardeatine”, prima a Forte Boccea fino al 1949, poi a Gaeta fino al 1976 e quindi all’ospedale militare del Celio perché “gravemente ammalato”. Qui è assistito dalla moglie, Frau Anneliese. Nella notte fra il 14 e il 15 agosto 1977 Kappler, benché gravissimo, riesce ad evadere, si dice nascosto dentro la valigia della moglie. Morirà a Soltau (Rfg) il 9 febbraio 1978. Bisognerà aspettare fino al 1998 per la condanna degli altri due ufficiali nazisti coinvolti nella strage: Erich Priebke e Karl Hass. Il secondo è morto nell’aprile del 2004, Priebke lo scorso ottobre a 100 anni.
Da Ansa.it