Solofra, LustriTeatro: sabato 14 novembre alle ore 21 presso il Centro ASI va in scena “Flatlandia”

A L U S T R ITEATRO di Solofra arriva Socìetas Raffaello Sanzio con il racconto fantastico del mondo a varie dimensioni e la voce molecolare di Chiara Guidi. Un grande evento di teatro contemporaneo per la stagione, organizzata da Hypokrytès Teatro Studio e dal Comune di Solofra, con la direzione artistica di Enzo Marangelo, che già più di una volta ha sorpreso il pubblico. Sabato 14 novembre, alle 21, all’Auditorium Centro Asi, va in scena: “Flatlandia”.
La tecnica vocale sperimentata da Chiara Guidi è basata sull’imitazione di tutto quello che è possibile udire con orecchio umano, senza distinzioni. La vastità enciclopedica di tutti i fenomeni sonori della terra è percepita e trattata dall’artista come un insieme di note e di intervalli di una sinfonia quotidiana.
Nata a Cesena dalle ceneri del teatro Explo, la compagnia teatrale Socìetas Raffaello Sanzio è stata creata nel 1981 da Romeo e Claudia Castellucci e Chiara e Paolo Guidi. Caratterizzati da un forte sperimentalismo di matrice avanguardistica, gli spettacoli che la compagnia mette in scena tendono a svincolarsi dal testo letterario.
“Flatlandia” è tratto dall’omonimo racconto fantastico a più dimensioni, pubblicato anonimamente nel 1882, ma scritto da Edwin Abbott Abbott (1838–1926) e tradotto da Masolino D’Amico. La lettura drammatica e musicale è di Chiara Guidi. La cura del suono di Marco Olivieri. L’organizzazione di Valentina Bertolino e Gilda Biasini. L’amministrazione di Simona Barducci, Elisa Bruno, Michela Medri. La produzione è Socìetas Raffaello Sanzio.
Subito dopo lo spettacolo, per “Oltre la scena”, intervisteranno registi e attori, i critici teatrali Alessandro Toppi e Michele di Donato.

Scheda
La figura geometrica di un quadrato incontra una sfera e intuisce, con sospetto, che possa esistere un mondo a tre dimensioni: alieno, inestricabile, inconcepibile. Tutto il racconto appartiene interamente a una terra piatta, e con perfetta coerenza descrive l’ambiente e la vita di esseri schiacciati che neanche immaginano un’altra dimensione. Il linguaggio ritrae un mondo complesso, formato da un meccanismo coerente che diventa oggetto di conoscenza: il mondo del piatto. L’assurdità di un mondo mai considerato, se non astrattamente, perché ritenuto monco, anzi impraticabile, è assorbita nella lucidità di una scrittura che descrive la realtà a due dimensioni. Così la pagina della scrittura, il suo spazio, la sua rappresentazione grafica, diventano letteralmente il mondo. La pagina del mondo.
La follia di questa idea è compensata dalla precisione logica della scrittura. L’ordine delle cose è descritto attraverso un apparato ottico bidimensionale da insetto o da batterio, che smantella in blocco la consueta certezza delle tre dimensioni della terra con le sue leggi.
Se la curiosità scientifica si concentra piuttosto intorno all’idea della quarta dimensione, Abbott indica lo straniamento dello spazio euclideo attraverso lo sgomento della seconda dimensione. La sua invenzione consiste in un’azione retrograda dello sguardo, che apre il portale delle percezioni su una via sottrattiva, imponendo un’idea poco più che astratta della corporeità. Questa “mancanza”, questo disconoscimento della più elementare delle leggi della fisica innesca in realtà una conoscenza parallela che corre radente sulla superficie delle cose, e che appiattisce il pensiero per ritrovarlo al di fuori, al di là, della sfera umana. Non ci sono uomini in questo mondo. Ci sono punti, linee e piani, intensità e tensioni superficiali. C’è un puro spazio piatto, disumanizzato con acribia e metodo geometrico. È uno spazio del progetto, della mente. Una mente, si direbbe, amputata e schiacciata dal rullo compressore. Una mente che, per questa stessa ragione, è in grado di sviluppare l’ottica sapienziale della visione. Visione rotativa e tomografia assiale dello sguardo. Sta a noi, persone umane, incredibilmente dotate di corpo (già, che cos’è un corpo?), capire la sospensione metafisica di quel momento in cui una sfera “cala” dall’alto per intersecarsi con il piano. Dobbiamo farlo, però, immaginandoci piatti, come figure ritagliate nella carta. Solo così si apre la visione: immaginarsi un mondo che non esiste, in questo mondo. Nel mondo di Flatlandia questo mondo non esiste. Siamo noi l’al di là. Siamo noi le “sfere”. E l’assurda affermazione di un mondo reale soltanto sulla carta fa sospettare che forse è il mondo dei corpi a essere davvero alieno. Il valore di questo paradosso consiste alla fine proprio in questo: non c’era nessuna ragione valida per farlo. Ma per far lo è occorso il massimo della ragione. Tutto questo è uno specchio.

Anche in questo fine settimana sarà visitabile la Mostra di L U S T R ITEATRO allestita nel complesso monumentale di Santa Chiara a Solofra (Avellino). La Mostra si intitola: “Cinque lustri di Hypokritès in immagini, scene e video” ed è curata dai Maestri Michele Paolillo e Luigi Grosso. Si tratta di un percorso affascinante tra musica, recitazione, reading, video e racconto, attraverso i 25 anni di vita, lavoro, performance e ricerca dell’associazione Hypokritès Teatro Studio.
Gli orari di visita della mostra sono: dal venerdì alla domenica (9.30-12.30/17.30-20.30) fino al 10 gennaio 2016.

L U S T R I TEATRO, realizzato da Hypokrytès Teatro Studio, in collaborazione con il Comune di Solofra, si avvale del patrocinio morale di: Università degli Studi di Salerno, UnisArt, Unis@und, Università di Napoli “Federico II” e Società Filosofica Italiana sezione napoletana “G. Vico”
Solofra, posta in una conca dei monti Picentini, abitata fin dall’età del Bronzo, e che ha ospitato alcuni dei grandi popoli che si sono susseguiti nella storia, dai sanniti ai romani, ai longobardi, ai normanni, offre una doppia location per gli eventi: il complesso monumentale di Santa Chiara per le sezioni Cinema (Sala Conferenze), Letteratura (Sala Archi), Filosofia (Sala Archi) e Mostre (piano superiore) e l’auditorium centro Asi, in cui si svolge la Stagione Teatrale.

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