Sta diventando grande l’Avellino di mister Novellino: non solo risultati, ma anche bel gioco
Se ci mettessimo qua a snocciolare un pò di cifre sulle nove gare disputate dai Lupi sotto la guida tecnica di Walter Alfredo Novellino, forse avremmo una visione molto chiara, ed anche incontrovertibile, di quanto sia riuscita ad ottenere finora l’Avellino del “nuovo corso”. Quando poi ci si basa sui numeri, si è sempre certi di non poter essere smentiti. E sì, perchè l’assioma aritmetico non può conoscere “punti di vista”, per definizione non è opinabile. Quindi, potrebbe essere bastevole mettere sul tavolo quanto prodotto in termini di risultati da parte dei Biancoverdi. Ma a noi piace esprimere comunque ciò che i nostri occhi hanno visto, e magari anche l’emozione che ha provato il cuore del tifoso. Per cui, al di là dei tanti numeri positivi che ha restituito finora la gestione Novellino, ci pare giusto “sindacare” su quanto visto nel match di sabato scorso tra l’ormai “ex piccolo” Avellino e il grande Verona.
Premettiamo che venerdi scorso, durante la consueta conferenza stampa di presentazione del match di turno, facemmo presente a Novellino che il confronto della squadra biancoverde con il Verona ci sembrava aperto a quasiasi risultato, perchè, se si prescindeva dalla netta differenza in classifica (con l’Avellino che accusava un ritardo di 19 punti dalla squadra veneta, capo classifica della serie B), e si guardava solo allo stato di forma delle due compagini, a questa sfida ci arrivava meglio la squadra biancoverde.
Effettivamente, il campo ha proprio dimostrato questo assunto. I Lupi hanno lasciato sfogare inizialmente gli Scaligeri, limitandosi a controllarne attentamente e a rintuzzarne le iniziative. La fase di proposizione del Verona è evaporata nel giro di una mezzoretta, giusto il tempo che Romulo (l’uomo con maggiore tecnica dei veronesi) alzasse bandiera bianca a causa dello scontro fortuito con Paghera. Già nell’ultimo quarto d’ora i Lupi si sono impossessati del centrocampo, grazie ad un Moretti, regista sopraffino, e ad un Paghera sorprendentemente produttivo sia in fase di interdizione che di impostazione. Il centrocampo, che nel girone di andata era stato l’anello debole dell’Avellino, da brutto anatroccolo si è travestito da cigno, e la squadra di Novellino ha automaticamente cominciato a rivaleggiare sul piano della manovra, almeno alla pari della capolista, che poteva contare su ottimi palleggiatori. Il primo tempo aveva restituito a molti l’impressione che, se l’Avellino nella ripresa avesse premuto un pò sull’acceleratore, avrebbe potuto tranquillamente portare a casa l’intera psota in palio.
La chiave tattica l’ha fornita a Monzon su un piatto d’argento la necessità di dover sostituire l’acciaccato D’Angelo. Il merito del tecnico di Montemarano è stato quello di inserire al posto del capitano biancoverde, un trequartista rapido ed incisivo come Belloni. L’ex interista, agendo sull’out mancino, a supporto della coppia d’attacco Verde-Ardemagni, è andato a scombussolare la linea difensiva veronese, che è andata in notevole difficoltà, e alla prima azione in profondità dei Lupi, Ardemagni si è procurato il rigore, trasformato poi dal redivivo Paghera. L’ex Lanciano, ben supportato dall’elegante e produttiva regìa di un centrocampista tecnico come Moretti, ha tirato fuori il meglio del proprio repertorio tecnico-tattico, confezionando la migliore prestrazione in assoluto con la maglia biancoverde. L’Avellino ha vinto il confronto con il Verona in maniera ancor più netta di quanto il secco 2-0 possa dire. Tanto che a dieci minuti dal termine avrebbe potuto triplicare se Belloni non avesse sciaguratamente sbagliato lo scarico facile facile per Ardemagni che era a cinque metri dalla porta veronese, ormai completamente spalancata.
Il merito di Novellino è stato quello di aver trasformato una banda di ragazzi insicuri in una squadra con ottime individualità ed un collettivo assai forte, dotato di un notevole “spirito di corpo”. Monzon, memore degli inestimabili insegnamenti lasciatigli in eredità da uno dei più grandi tecnici della storia del calcio italiano, Nils Liedholm, ha saputo costruire, in quattro e quattro otto, una squadra solida, vera, dotata ormai di un’anima che rispecchia appieno quella del suo condottiero. E, come se non bastasse, questo Avellino che “studia da grande” sta riuscendo, addirittura, ad accontare anche gli “esteti” del calcio, perchè la squadra biancoverde è diventata anche piacevole a vedersi, in quanto capace di praticare un gioco spesso pure spettacolare.
Logicamente, la strada verso la salvezza è ancora molto lunga, ed il percorso è appena iniziato. ma quel poco di cammino finora fatto dai ragazzi biancoverdi, da quando a guidarli è Novellino, è sicuramente foriero di prospettive decisamente lusinghiere, almeno se si pensa a quella compagine “informe” ed insicura che era l’Avellino appena due mesi orsono.