Suicidi: un’epidemia nazionale

E’ attestato che in Italia circa 5 milioni di persone soffrono di depressione e 3 milioni di Ansia. Questo significa più o meno il 10% della popolazione (la schizofrenia e i disturbi psicotici colpiscono circa lo 1 per mille della popolazione). L’O.M.S.(Organizzazione Mondiale della Sanità) ha definito questa situazione”scandalo della psichiatria”, portando i seguenti dati statistici: 

Solo il 40% dei pazienti ricevono un’adeguata diagnosi, e di questi meno del 20% viene curato correttamente, come si può essere curati oggi. 

Esiste un problema della formazione e dell’aggiornamento dei medici; sia dello psichiatra che del medico di famiglia.

Nell’ultimo congresso della Società Italiana di Psichiatria si è convenuto che entro quindici anni la depressione sarà la seconda malattia più diffusa dopo le patologie cardiovascolari. Inoltre i finanziamenti pubblici per la ricerca sulla depressione sono tuttora assai modesti rispetto a quelli per lo studio di altre patologie con pari diffusione e importanza sociale, come l’ipertensione e il diabete. Per di più, le leggi in vigore non consentono di istituire reparti psichiatrici pubblici con più di 15 posti letto: alcuni tipi di studi sulla depressione richiedono che il paziente sia ricoverato, ma i pochi posti letto dei reparti psichiatrici pubblici sono in genere occupati da soggetti psicotici.

D’altra parte le strutture psichiatriche pubbliche, proprio perché si occupano prevalentemente delle patologie psicotiche, sono talvolta percepite dai pazienti depressi come troppo stigmatizzanti, come fossero “ospedali per pazzi”. Così, molti preferiscono rivolgersi altrove”. “E’ vero, in Italia la clinica non è orientata alla depressione: i malati non vengono ricoverati e sono costretti a rivolgersi a strutture convenzionate, private o, peggio, ad arrangiarsi come possono”

Nonostante ciò si tratta di una malattia ancora oscura per alcuni versi: chi ne è affetto tenta di tenerla nascosta e i medici tendono a sottovalutarla.

Disporre di un sostegno psicologico per molti pazienti e per i loro familiari può essere davvero importante, e lo psicologo può promuovere una maggiore e positiva integrazione in diversi aspetti della cura: tra mente e corpo, tra paziente ed operatori, tra cura e relazione,
Inoltre, non si può pensare di dare una risposta di cura soltanto di tipo psichiatrico o farmacologico, perché ciò che sta intorno al malato è una serie di situazioni critiche e problemi articolati e diversi e, nella maggior parte dei casi, non affrontabili efficacemente con un farmaco.

il Ministero della Salute e le Regioni si apprestano – con l’approvazione degli “standard ospedalieri” – a cancellare la psicologia pubblica in ospedale, lasciando interamente sulle spalle dei malati e delle loro associazioni il problema del supporto e della cura.

Non si può sbandierare di voler mettere “la Persona al centro” delle cure e poi cancellare quelle realtà che possono dare un contributo decisivo in questa direzione anzi valorizzando ed adeguando le attività di psicologia ospedaliera.

La Dama Rosa

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